Una mozione della maggioranza introduce criteri come la presenza di siti Unesco o il livello di stress ambientale. Ma lo studio richiederà più tempo. Discusso il ruolo di Sogin
Sogin_Un_deposito_temporaneo_1L’elenco delle 67 aree tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegnache hanno le carte in regola per ospitare il deposito delle scorie nucleari deve essere rivisto alla luce di nuovi criteri. A chiederlo al governo è una mozione parlamentare sottoscritta da tutti i gruppi della maggioranza (Lega, Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Forza Italia, Facciamo Eco, Liberi e Uguali, Cambiamo, Noi con l’Italia) e votata alla Camera con 409 voti a favore. Il documento individua parametri aggiuntivi per individuare la località dove sorgerà l’impianto per stoccare 78mila metri cubi di scorie radioattive a bassa e media intensità, oggi parcheggiate in centri temporanei.
Il deposito, che costerà 900 milioni di euro, è necessario per mettere in sicurezza rifiuti pericolosi come quelli della filiera dell’atomo: non solo l’eredità della stagione nucleare nazionale, ma anche scarti di produzioni industriali o trattamenti sanitari. Tuttavia l’Italia sconta anni di ritardi e di indecisione. Basti pensare che la carta per individuare le località potenzialmente idonee a ospitare il centro, la cosiddetta Cnapi, è pronta dal 2015 ma è stata tirata fuori dal cassetto solo a gennaio di quest’anno, con una mossa a sorpresa che ha messo in allarme gran parte dei 67 siti individuati, chiamati a esaminare 330 documenti tecnici e ad arruolare esperti per mettere nero su bianco le proprie controdeduzioni. Per ovviare all’alzata di scudi dei sindaci, il Parlamento ha votato nel Milleproroghe un’estensione dei tempi per discutere il progetto, che porta a maggio 2022, salvo sorprese, la data in cui l’Italia avrà la rosa definitiva dei candidati.
I criteri di esclusione
Quel che è emerso in queste prime settimane, tuttavia, è che nella lista realizzata da Sogin, la società di Stato incaricata dello smantellamento nucleare, sono finite località che presentano situazioni valide per l’esonero. Alessandria, per esempio, è tra i candidati più forti. Tuttavia sul suo territorio, come ha rilevato Wired attraverso dati del ministero della Transizione ecologica (Mite, lo stesso che, nel precedente governo e con altro nome, ha dato il via libera alla Cnapi), insiste un impianto considerato a rischio di incidente rilevante. Proprio uno dei parametri per essere esclusi dal progetto del deposito nazionale. Così per Montalto di Castro, in provincia di Viterbo.
La mozione del parlamento, tuttavia, ora aggiunge nuovi criteri. Suggerisce di escludere i Comuni che ospitano beni patrimonio dell’Unesco e dei loro vicini di casa. Poi di valutare quale sia il livello di stress ambientale delle 67 località candidate. La mozione invita a fare ricorso agli indici di pressione ambientale: undici fattori, come la presenza di centrali elettriche, di impianti di estrazione di gas, di fabbriche che usano solventi, di discariche, inceneritori o altre strutture per lo smaltimento dei rifiuti, per stabilire qual è la concentrazione di attività nel raggio di 20 chilometri. Ancora: i deputati chiedono di verificare la compatibilità di siti militari o industriali dismessi. E di accettare anche le auto-canditature, purché in regola con i 28 criteri di scelta.
Più soldi all’Isin
Entrano nella mozione, che muove da un documento del leghista Riccardo Molinari, anche la richiesta di allargare le consultazioni anche ad associazioni e altre realtà che hanno diritto a dire la loro, per esempio parchi o Comuni limitrofi a quelli interessati, come proposto da Rossella Muroni della neonata corrente ecologista Facciamo Eco, e il coinvolgimento delle università, sponsorizzato da Giovanni Vianello del Movimento 5 Stelle. In generale i parlamentari chiedono più trasparenza nei processi decisionali e sulle compensazioni economiche destinate alla località che ospiterà il deposito.
Infine si chiede al governo di assegnare risorse alla nuova autorità di controllo per l’atomo: l’Ispettorato per la sicurezza nucleare e protezione radiologica (Isin). Il personale in forze è inferiore alle previsioni (65 persone contro le 90 attese) e troppo vicino alla pensione (12 vi andranno entro il 2021). Per Sogin, che ha già accumulato ritardi sul suo piano di smantellamento, l’Isin rischia di essere l’ennesimo fattore che allungherà i tempi e farà lievitare i costi. Fino al 2024 calcola di dover dare 119 via libera ai lavori, in alcuni casi di pratiche che viaggiano dal 2012 o 2014.
Anche il ruolo di Sogin è messo in discussione. Il budget per chiudere la dismissione degli impianti nucleari, sovvenzionato dalle bollette, è raddoppiato dal 2001, arrivando a 7,89 miliardi di euro, con la previsione di chiudere le operazioni nel 2036 e con lavori fermi da tempo. Per Muroni la regia della scelta del sito per il deposito nazionale andrebbe pertanto affidata a un ente terzo. La palla ora passa al governo. La sottosegretaria del Mite alla partita, Vannia Gava, ha dato luce verde alla mozione. Ma a mettere in fila tutte le richieste, quel è che emerge è che servirà altro tempo. Tempo che l’Italia, che si è vista rifiutare dalla Francia il trasferimento di 13 tonnellate di rifiuti dal deposito di Avogadro, in Piemonte, propria per via dell’incertezza sulla costruzione del deposito, non ha più.
Fonte: Wired.it