La pubblicazione della CNAI e l’avvicinarsi della fase finale del processo di scelta del sito idoneo all’accoglimento del Deposito Nazionale Unico dei Rifiuti Radioattivi, unitamente all’attacco cui è sottoposta la Tuscia relativamente all’ espansione incontrollata degli impianti FER, necessita di uno sforzo comune all’azione di controllo del territorio e al coordinamento delle iniziative di tutela.
E’ palese ormai che la Tuscia è sotto attacco grazie ad una visione contorta e miope dello sviluppo della Provincia, giustificata o sostenuta da realtà artatamente e opportunisticamente interpretate come basi per uno sviluppo industriale del territorio, che contrasta macroscopicamente con l’attualità ambientale ed economica.
L’identificazione come polo energetico della costa nord-laziale, con l’insediamento delle due centrali di Montalto e Civitavecchia, dopo l’infausta e speriamo irripetibile farsa della realizzazione della centrale nucleare di Pian dei Gangani, è stato l’inizio di quel lento e inesorabile processo che tenta ancora oggi di minare le caratteristiche di questo territorio, che ne costituiscono anche la reale ricchezza.
La realizzazione del polo energetico, ha dotato il territorio di imponenti dorsali di trasmissione dell’energia, che oltre che guastare l’integrità del paesaggio, risultano oggi il volano e la migliore opportunità per le imprese, per la stragrande maggioranza straniere, che stanno acquisendo progressivamente il suolo provinciale per gli impianti FER, in particolare fotovoltaici ma ora in forte spinta anche nel settore dell’eolico, sia onshore che offshore.
Non a caso la Provincia di Viterbo ha contribuito per il 78% alla produzione di energia elettrica da grandi impianti FER, nel Lazio , portandola al raggiungimento anticipato degli obbiettivi del PNIEC, a fronte delle altre province laziali, come ad esempio quella di Rieti, che non ha contribuito con 1 MW.
Soltanto restando agli impianti FER, nel solo comune di Montalto di Castro, che risulta quello che ha maggiormente contribuito alla performance del Lazio, sono in valutazione oltre 50 proposte di impianti che andranno a consumare, se realizzati, ulteriori oltre 2000 ettari di suolo agricolo.
A tutto questo si aggiunga il problema della Deposito Nazionale. Anche questo trova nella Provincia di Viterbo le migliori opportunità, almeno stando alla CNAI, la Carta Nazionale delle Aree Idonee ad accogliere il Deposito, in base alla quale 21 delle 51 aree identificate sul territorio nazionale sono localizzate, guarda caso, nella Tuscia viterbese.
Progressivamente, la Tuscia vede deformarsi in senso reale la sua connotazione fisica grazie ad una invasione incontrollata di pannelli fotovoltaici, vede usurpare il suo primato di territorio incontaminato, poco antropizzato e ricco di ambienti naturali custodi di monumenti storico-archeologici fra i più importanti della nostra cultura, vede minare i cardini della sua economia basata sull’agricoltura di qualità e sul turismo, vede deprezzare inesorabilmente il valore immobiliare ed inaridire in prospettiva le ulteriori e grandi possibilità di sviluppo che questa vasta area ha ancora in serbo.
Tutto questo lascia facilmente spazio alla spinta in negativo di coloro che, operando sia nei settori pubblici che privati, hanno interesse e sempre più opportunità di dichiarare questo territorio ormai destinato ad uno sviluppo “industriale” nel settore energetico, connotandolo già in via di degrado, grazie agli eccessi incontrollati di una “transizione ecologica” non governata, tale da giustificare lo sviluppo in questa direzione palesemente contraddittoria e falsamente progressista.
La consapevolezza di quanto sta accadendo e dei rischi connessi a questo, voluto o casuale, piano di investimento progressivo del territorio ha indotto a partire dal 2021, epoca in cui è stato reso noto il progetto del Deposito Nazionale e la lista delle aree idonee ad accoglierlo, concentrate nella stragrande maggioranza nella provincia di Viterbo, alla costituzione progressiva di Comitati e Associazioni votate alla tutela del territorio.
La costituzione del Comitato Cittadino per la Salvaguardia del territorio di Canino e della Tuscia, rappresenta il più recente atto concreto nell’impegno alla tutela del patrimonio culturale, ambientale ed economico della provincia di Viterbo.
COMUNICATO STAMPA
FONDAZIONE DEL COMITATO CITTADINO PER LA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO DI CANINO E DELLA TUSCIA
Il 30 maggio è stato fondato il Comitato Cittadino per la Salvaguardia del territorio di Canino e della Tuscia.
La nascita di un Comitato per Canino era necessaria ed ineludibile in relazione al consistente rischio ambientale correlato alla possibile realizzazione sul territorio comunale del Deposito Nazionale Unico dei Rifiuti Radioattivi, destinato ad accogliere in un’unica sede tutto il materiale radioattivo prodotto in Italia, in ottemperanza alla direttiva europea 74 del 2011.
Sogin, la società pA interamente partecipata dallo stato e deputata alla realizzazione del Programma Nazionale di smaltimento dei rifiuti radioattivi, ha proposto recentemente la CNAI, la Carta Nazionale delle Aree Idonee ad accogliere il Deposito Nazionale. Questa include 51 siti idonei distribuiti in 5 regioni. Il maggior numero di aree idonee è concentrato nella Provincia di Viterbo, che ne detiene 21. Cinque sono state identificate nel Comune di Canino, di cui 2 interessano contemporaneamente anche il territorio di Montalto di Castro , risultando fra quelle classificate in classe A, che identifica i siti con i migliori requisiti di idoneità.
Sulla base di questi dati, il Comune di Canino è fortemente a rischio riguardo alla possibilità di essere scelto come sede del Deposito Nazionale.
Già dal 2021 nella Provincia di Viterbo sono state intraprese numerose in iniziative atte a discutere e contrastare le scelte riguardo alla Provincia di Viterbo e per questo sono nati numerosi Comitati finalizzati alla tutela del territorio e al contrasto al progetto di Sogin.
Le ragioni del no al Deposito Nazionale sono concentrate sulla errata metodologia seguita da Sogin riguardo alla identificazione delle aree, sulla incongruenza fra normative vigenti i e realizzazione del programma di smaltimento dei rifiuti radioattivi, ivi compresa la scelta dei siti idonei, sull’ assenza di valutazione dei rischi sanitari e dei danni economici derivanti dalla realizzazione e dalla gestione del Deposito.
Queste ragioni, denunciate nel corso della Consultazione Pubblica e del Seminario Nazionale finalizzato ad un confronto tecnico fra Sogin, proponente, e rappresentanti pubblici e privati dei territori svoltosi nel corso del 2022, sono state del tutto ignorate.
Per questo sono pendenti presso il TAR Lazio ricorsi posti in essere sia dai numerosi Comitati e Associazioni della Provincia che oggi dalla Stessa Provincia di Viterbo e dalla Regione Lazio, che hanno riconosciuto la fondatezza delle regioni del no. Molti Comuni della Provincia, fra cui anche Canino, stanno aderendo ad adjuvandum ai ricorsi in atto.
Il Governo ha dovuto riconoscere il fallimento della proposta di Sogin ed ha prodotto una legge per favorire autocandidature di territori ad oggi non inclusi nella CNAI. Il tentativo è del tutto fallito e ad oggi nessun comune italiano si è proposto per accogliere il Deposito. Pertanto la CNAI, pur contrastata e criticata, resta l’unico strumento tecnico disponibile per mandare avanti il progetto del Deposito e per poter identificare il sito definitivo.
Per questo era necessario che anche la comunità caninese partecipasse in prima linea alla lotta contro il Deposito, essendo Canino uno dei territori con il maggior numero di siti idonei, e si riconoscesse fra gli altri Comitati e Associazioni votati alla tutela dell’intera Tuscia.
Il rischio ambientale e sanitario, il danno per il patrimonio economico, storico-archeologico e naturalistico di questo territorio, naturalmente votato all’agricoltura di qualità e al turismo, necessitavano di essere tutelati nella maniera più determinata. Per questo è nato il Comitato, che si è costituito con la presidenza del dott. Eugenio Cesarini, di due vicepresidenti, il Prof. Angelo di Giorgio e l’Ing. Luigi De Caprio, e di un Consiglio Direttivo costituito da: Alfredo Quinto Bartoccini, Giorgio Parrano, Giovanni Pettinari, Luciano Luciani, Ernesto Baglioni, Marco Delle Cese, Antonio Menghini, Claudio Mazzuoli.