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Nucleare: ecco perché gli SMR non ci faranno uscire dall’era dell’energia fossile

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Il tema della decarbonizzazione del settore energetico, ovvero la necessità di abbandonare le fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale) per produrre energia, è al centro di diversi dibattiti, sia politici sia scientifici.

Accanto alle decisioni dei governi che parteggiano per il ritorno al nucleare, ma con centrali di ultima generazione, iniziano a sollevarsi alcuni dubbi da parte della comunità scientifica.

Fra questi, l’analisi dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) sostiene la tesi che gli SMR, Small Modular Reactor, non saranno il Santo Graal che ci libererà dal fossile, anzi.

TOO LATE, TOO EXPENSIVE, TOO RISKY AND TOO UNCERTAIN

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L'analisi di IEEFA si apre con una definizione sintetica e lapidaria degli SMR, che riprende le stesse criticità delle centrali nucleari tradizionali, ovvero: "[gli smr] sono troppo lenti da costruire, troppo costosi, troppo rischiosi e poco affidabili".

Il report riprende il discorso iniziato nel 2022 da alcuni accademici della Stanford University e della University of British Columbia, che hanno analizzato la gestione e lo smaltimento dei flussi di rifiuti nucleari prodotti dagli SMR, mostrando come questa tecnologia abbia un enorme punto debole legato alla gestione del combustibile esausto e delle scorie radioattive. Criticità ad oggi ancora irrisolte.

Lo studio, “Nuclear waste from small modular reactors”, è stato pubblicato nei Proceedings of the National Accademy of Sciences, PNAS.

Accanto alla gestione dei rifiuti c’è il problema del tempo; secondo l’analisi di IEEFA, gli SMR sono “troppo lenti da costruire per svolgere un ruolo significativo nella transizione dai combustibili fossili nei prossimi 10-15 anni”.

Questo aspetto, assieme a quello dei costi, è sostenuto anche dalla stessa industria nucleare, che punta grandemente su di loro. In una nota di accompagnamento allo studio, che ha preso in esame i dati disponibili dei 4 SMR attualmente in funzione o in costruzione, oltre a nuove informazioni sui costi previsti da alcuni dei principali sviluppatori di SMR negli Stati Uniti, gli autori hanno dichiarato:

 

I pochi SMR che sono stati costruiti o che sono stati avviati dipingono un quadro diverso, che sembra incredibilmente simile al passato: i ritardi significativi nella costruzione sono ancora la norma e i costi hanno continuato a salire

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L'ABBANDONO AL PROGETTO SMR DI NUSCALE

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IEEFA ha quindi rivolto un appello alle autorità di regolamentazione il cui compito è approvare o meno le proposte di SMR, chiedendo di elaborare delle restrizioni per evitare che i ritardi e gli aumenti dei costi vengano scaricati sui contribuenti.

 

Le utility che stanno prendendo in considerazione gli SMR dovrebbero essere obbligate a confrontare i costi incerti e le date di completamento della tecnologia con i costi e i tempi di costruzione noti delle alternative, cioè delle rinnovabili. Le utility che scelgono ancora l’opzione SMR dovrebbero essere obbligate a mettere a rischio i fondi degli azionisti se i costi e i tempi di costruzione superano le stime delle utility.

Johanna Neumann, direttore senior della campagna per il 100% di energia rinnovabile presso l’Environment America Research & Policy Center, ha affermato:

 

Le risorse energetiche rinnovabili dell’America sono abbondanti, non inquinate e più economiche e veloci da convertire in elettricità che mai. Invece di sostenere tecnologie costose, lente e rischiose, i regolatori, i servizi pubblici, gli investitori e i funzionari governativi dovrebbero accettare la realtà che le energie rinnovabili sono la migliore soluzione alle sfide americane e puntare su un rapido dispiegamento dell’energia eolica e solare.

Le criticità legati ai tempi e alla lievitazione dei costi messa in luce dai ricercatori viene confermata in toto dal primo progetto SMR di Nuscale, abbandonato dalla stessa società esattamente per questi motivi.

Partendo dall’inizio, nel 2020 NuScale Power annunciò che la Commissione di regolamentazione nucleare (Nuclear Regulatory Commission, NRC) degli Stati Uniti aveva completato la revisione della Fase 6, lo step conclusivo della procedura di esame della Domanda di certificazione del design (Design Certification Application, DCA) per la sua centrale nucleare con SMR da 44 MWe (Mega Watt elettrico, l’unità di misura adottata nell’ambito dell’energia prodotta dal nucleare).

A stretto giro la società aveva ricevuto anche il Rapporto finale di valutazione della sicurezza (Final Safety Evaluation Report, FSER), ed era quindi pronta a mettere l’opera in cantiere.

John Hopkins, Presidente e Amministratore delegato di NuScale, in quell’occasione aveva dichiarato:

 

Si tratta di una pietra miliare importante non solo per NuScale, ma anche per l'intero settore nucleare statunitense e per le altre avanzate tecnologie nucleari che seguiranno. Ciò conferma chiaramente la posizione di leadership di NuScale e degli Stati Uniti nella corsa per il lancio sul mercato di reattori modulari di piccola taglia. L'approvazione del design di NuScale costituisce un risultato ragguardevole e desideriamo ringraziare di cuore l'NRC per il suo minuzioso esame, il Dipartimento dell'energia (Department of Energy, DOE) degli Stati Uniti per il suo continuo contributo al successo della nostra collaborazione pubblica-privata per il lancio sul mercato del primo SMR del Paese, e tutti gli altri individui che hanno dedicato innumerevoli ore al raggiungimento di questo sensazionale traguardo. Inoltre, il finanziamento con condivisione dei costi fornito dal Congresso degli Stati Uniti nel corso degli ultimi anni ha accelerato la procedura di certificazione del design da parte dell'NRC. Il Programma SMR del DOE è stato creato per questo e il nostro successo è da attribuirsi al forte sostegno bipartitico fornitoci dal Congresso.

Tre anni dopo, la società ha comunicato di aver abbandonato quel progetto, indirizzando i propri investimenti su reattori con moduli da 77 MWe per via dei costi legati sia alla costruzione (dai 5,3 miliardi di dollari stimati a 9,3 miliardi di dollari) sia all’energia (da 58 dollari per MWh a 89 dollari – anche con una sovvenzione di 1,4 miliardi di dollari da parte del Dipartimento dell’Energia e sussidi per ridurre i costi di 30 dollari per MWh).

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