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MONTALTO COMUNE DENUCLEARIZZATO

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Nelle vicinanze di una delle aree più pregiate dal punto di vista naturalistico e archeologico del Comune di Montalto di Castro ancora campeggia sul ciglio della strada questo cartello.

Porta i segni dell’incuria del tempo e quelli prodotti da colpi di arma da fuoco. I segni dei proiettili sono evidenti, ma non sono riusciti a perforare la lamiera di ferro del cartello che ancora oggi esibisce orgogliosamente la scritta: territorio comunale  Denuclearizzato.

 Perché fu innalzato questo cartello?

La moda di indicare i Comuni  come “denuclearizzati” iniziò negli anni 80” come segno tangibile di adesione delle comunità alla protesta contro il proliferare delle armi nucleari.

 L’Italia aveva firmato e ratificato il 2 maggio 1975 il Trattato di non Proliferazione Nucleare, dove si impegnava alla via del disarmo nucleare e dell’uso pacifico dell’energia nucleare, della distensione internazionale e della pace.

Sulla base della guerra fredda ancora in atto e delle tensioni internazionali che vedevano coinvolti paesi con arsenali nucleari ed altri che ambivano a possederli, la spinta a questo di tipo di “denuclearizzazione” era forte nelle comunità internazionali e anche molti comuni Italiani furono indotti a manifestare la propria adesione dichiarandosi “denuclearizzati”.

Ma il proliferare degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica e l’enorme  impatto sull’opinione pubblica mondiale generato dai disastri ambientali prodotti dagli incidenti verificatisi in varie parti del mondo, con riflessi potenziali sulla salute non solo nei paesi in cui il fatto era avvenuto ma anche in altre aree estremamente lontane dall’incidente, focalizzarono l’attenzione mondiale.

Gli incidenti di Three Mile Island (USA 1979),  di Černobyl’ (URSS 1986)  e  di Fukushima  (Giappone 2011) dimostrarono che le centrali nucleari non erano così sicure come la propaganda sosteneva e che i rischi potenziali connessi a disastri improvvisi, a malfunzionamenti o a deterioramento degli impianti potevano mettere in pericolo non soltanto le aree che li accoglievano  ma anche nazioni lontane con riflessi addirittura planetari.

Per questo la realizzazione di nuovi impianti nucleari per la produzione di energia cominciò a subire i primi contraccolpi della opinione pubblica e si concretizzarono le prime forme di resistenza a questa tecnologia.

In Italia ne furono vittime i progetti “nucleari” dell’ENEL a Montalto nella seconda metà degli anni 80  e quelli successivi e anacronistici del 2011, bocciati da due referendum.

Sulla base di questi eventi molti Comuni Italiani esibirono i cartelli che li definivano “denuclearizzati ”ma su una base diversa dalla precedente: questa volta la denominazione non aveva valenza politica ma ambientale. Il nucleare era finito come fonte di energia elettrica e il futuro era ormai orientato a forme di produzione attraverso  tecnologie meno rischiose e in prospettiva più sostenibili.

Tuttavia il problema del nucleare non si limita soltanto alle centrali nucleari, ma anche a tutte le quelle attività che utilizzano sostanze radioattive, per le quali al termine del ciclo produttivo o della necessità di utilizzazione, occorre procedere  allo smaltimento delle scorie radioattive derivate o residuali. Si tratta di operazioni complesse e rischiose, la cui strategia è, se vogliamo utilizzare una parola comprensibile, “sperimentale” dal momento che lo smaltimento avviene attraverso secoli o millenni a seconda della tipologia di rifiuto radioattivo. Occorrono luoghi sicuri e modalità di trattamento delle scorie nei suoi vari passaggi rese esenti, per quanto possibile,  da rischi di dispersione nell’ambiente di emissioni pericolose. Il lunghissimo arco temporale in cui il materiale radioattivo decresce la sua capacità emissiva fino al decadimento rende incerto il futuro di questi depositi, destinati ad essere gestiti da decine di generazioni future in un continuum difficilmente programmabile con realistiche e significative certezze.

Oggi il problema si pone a livello mondiale e nei prossimi anni assumerà una valenza sempre maggiore. Le scorie radioattive da smaltire derivano oltre che dalle centrali nucleari da una serie infinita di altre attività che vanno dalla dismissione di armi nucleari, allo smaltimento di rifiuti da sostanze radioiattive utilizzate in medicina, nell’industria o nella ricerca. La ricerca sulle migliori strategie di trattamento e conservazione dei rifiuti radioattivi è problema di grande attualità e di grande impegno nei settori della ricerca correlati.

Attualmente l’Italia è coinvolta nel problema anche per gli effetti  della Direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio Europeo del 19 luglio 2011 ,recepita in Italia con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, in base alla quale i singoli stati debbono farsi carico dello smaltimento delle scorie radioattive prodotte applicando la migliore strategia possibile

La Sogin. incaricata di ottemperare a questo problema, ha ideato la realizzazione di un unica struttura di deposito sul territorio nazionale, il Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi  con annesso Parco Tecnologico (DN PT)e ha prodotto come primo passo la Carta Nazionale della Aree Potenzialmente  Idonee ad accogliere  questo impianto di stoccaggio(CNAPI).

Sono state identificate 67 aree idonee in tutto il territorio nazionale, di cui 22 nella sola provincia di Viterbo. Queste aree in molti casi coinvolgono contemporaneamente i territori di due o tre Comuni.  Alla luce del sistema di scoring adottato da SOGIN  per valutare il grado di idoneità delle singole aree, , 12  sono risultate in classe A1 -molto buone- cioè le più adatte ad ospitare l’impianto;  11  sono state valutate in classe A2-buone-.

 Ben sette delle 12 aree dell’intero  territorio nazionale  giudicate più favorevoli all’insediamento fanno parte della Provincia di Viterbo: 5 in classe A1 e  2 in Classe A2 .

Di queste sette identificate nella Provincia di Viterbo,  quattro ricadono nel solo Comune di Montalto di Castro:  3 in classe A1  e 1 in classe A2

In particolare due ricadono interamente nel Comune di Montalto di Castro , identificate con le sigle VT 8 e VT 36, mentre le ulteriori due, identificate con le sigle VT 24 e VT 27,  si collocano contemporaneamente nel territorio di Montalto di Castro e in quello di Canino.

mappa siti

Appena la CNAPI ha fatto la sua comparsa sulla rete il panico si è diffuso fra i comuni coinvolti, molti dei quali accolgono nel proprio territorio più di un’Area Potenzialmente Idonea.

Di qui una ridda di esternazioni in internet in base alle quali nessun Comune Italiano tra quelli possibilmente coinvolti nelle indicazioni della Sogin ha dichiarato di essere favorevole alla accettazione del Deposito sul suo territorio, adducendo le più logiche delle ragioni: disastro economico, rovina dell ‘economia turistica e /o agroalimentare, alterazione del paesaggio e così via.

Tutte ragioni sicuramente valide ma alle quali la Sogin presterà poco orecchio se non saranno corredate da analisi tecniche di rilievo e validate da esperti della massima competenza nei settori considerati.

Per ora molti di questi Comuni, da Nord a Sud alle Isole, hanno rispolverato il passato affrettandosi a emettere delibere in base alle quali si sono dichiari  Territorio Denuclearizzato, nel senso più recente del termine, cioè contrari alla presenza  nel distretto di qualsiasi forma di sostanza radioattiva.

Molti lo avevano già fatto molti anni or sono, alcuni per ideologia contraria agli armamenti atomici altri  all’epoca dei referendum contro le centrali nucleari, e così i vecchi cartelli  inneggianti alla denuclearizzazione  oggi riassumono significato, a prescindere da quello che avevano voluto significare in passato, e nelle more delle future decisioni marcano imperiosamente il territorio.

Così riassume significato anche il vecchio cartello che evoca  la denuclearizzazione al bivio fra Montalto, Canino e Manciano, ancorché malmesso e sforacchiato da colpi di fucile che non sono riusciti ad abbatterlo.   Chissà se la sua lunga militanza sarà premiata.

firma di giorgio