La realizzazione e gestione del deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi risponde alla normativa europea Euratom 70 del 2011 che ha obbliga gli stati della UE a gestire nel proprio territorio tutte le scorie radioattive prodotte a qualsiasi titolo.
In Italia sarà quindi doveroso occuparsi delle gestione del materiale radioattivo residuale alla dismissione delle quattro centrali nucleari ormai non più funzionanti nonché di quello derivante dalla ricerca, dall'industria e dalla medicina.
Si tratta di gestire 95.000 mc di scorie, di cui 17.000 ad alta attività e le restanti 78.000 a bassa, molto bassa e media attività
E’ un problema complesso sia per la mole del materiale radioattivo sia per le difficoltà tecniche che ne conseguono; il tutto dovrà essere trattato nella massima sicurezza, sia per l'ambiente che per la salute umana e delle specie animali.
Le scorie radioattive non sono tutte assimilabili e a seconda della capacità radiante debbono essere gestite in maniera differente così che lo smaltimento e lo stoccaggio necessitano di soluzioni tecniche e ingegneristiche diversificate e specifiche.
Il problema fondamentale è rappresentato dalla diversa capacità radiante del rifiuto: quelli a bassa e media attività, che esauriscono la loro attività entro un limite massimo di 300 anni, possono essere smaltiti in depositi di superficie quelli ad alta attività debbono essere stoccati in depositi geologici di profondità, dove il loro potere radiogeno si esaurirà in decine di migliaia di anni.
Il Programma Nazionale Italiano per la gestione dei rifiuti Radioattivi prevede invece la realizzazione di un Deposto unico di superficie, dotato di barriere ingegneristiche, nel quale conferire tutte le scorie prodotte in Italia , le cui caratteristiche non sono però adatte ad accogliere tutti i tipi di rifiuti sia a bassa che ad alta attività. Infatti il Deposito non sarà dotato di un sito geologico di profondità, unanimemente riconosciuto come unico adatto ad accogliere i rifiuti ad alta attività, ma sarà realizzato con strutture di superficie adatte allo smaltimento delle scorie a bassa attività.
E' lecito a questo punto porsi la domanda se la procedura messa in atto dalla Sogin, società deputata alla attuazione del Programma Nazionale, sia corretta e se i criteri di sicurezza del deposito saranno tali da garantire ambiente e salute.
La legislazione italiana prevede che la Sogin nella ideazione e attuazione del Programma Nazionale si attenga alle direttive della IAEA , l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica , e quelle dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), la corrispondente Agenzia Italiana. Entrambe le Agenzie hanno prodotto due Guide Tecniche, entrambe classificate come n. 29, documenti ineludibili di riferimento per la gestione delle scorie nucleari.
In particolare si tratta della Guida Tecnica 29 dell’ISPRA, dal titolo: ”Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività”, e della Specific Safety Guide -SSG n.29 della IAEA “ Near Surface Disposal Facilities for Radioactive Waste”, le quali si occupano esclusivamente di scorie a bassa e media attività.
Stando, invece, al Programma Nazionale proposto e grazie anche alla ambiguità dei decreti legislativi che ne hanno rappresentato il supporto legislativo, il Deposito Nazionale conterrà anche un Parco Tecnologico con inserito un Centro di Stoccaggio ad alta attività, il CSA. In questo settore saranno stoccati “temporaneamente per un periodo di lunga durata” , così si esprime la Sogin, tutte le scorie radioattive ad alta attività, contenute in appositi contenitori, collocati in strutture di cemento.
Perchè la Sogin indica come temporaneo lo stoccaggio? Perché il Deposito Nazionale non corrisponde ai requisiti richiesti per l’accoglimento di rifiuti ad alta attività, in quanto realizzato secondo le indicazioni delle due Guide sopra citate, e in quanto destinato in futuro ad essere smaltito in un deposito geologico di profondità.
Ma quando avverrà questo evento? Fino ad oggi non esiste alcuna seppur minima indicazione sul sito geologico. La stessa Sogin afferma nella sua documentazione che la realizzazione di un deposito geologico in Italia è”antieconomico” e pertanto sarebbe utile attendere gli eventi di eventuali iniziative europee tese a trovare un sito europeo adatto ad accogliere i rifiuti ad alta attività. Tutto questo si traduce in una attesa variabile da 50 a 100 anni, posto che soltanto il conferimento delle scorie al Deposito Nazionale impiegherà circa 20-30 anni.
A fronte di questi elementi è lecito chiedersi se il Programma Nazionale, riguardo al trattamento delle scorie ad alta attività sia adeguato e se il progetto della Sogin risponda effettivamente ai requisiti di legge.
Inoltre, posto che il deposito geologico dovrebbe essere localizzato in territorio europeo significherebbe che tutte le scorie ad alta attività, faticosamente conferite al Deposito Nazionale Italiano, con migliaia di trasporti speciali, densi di difficoltà, dovranno in un tempo non ancora definito, ma valutabile in decine e decine di anni a venire, ripercorrere un nuovo percorso verso il Nord Italia per passare le frontiere e dirigersi in una qualche località nord o centroeuropea.
A fronte di queste considerazioni, se come Sogin afferma non esiste rischio di contaminazione ambientale, perché i residui ad altà attività, inclusi nei contenitori di sicurezza previsti dal Programma Nazionale , non restano dove sono stoccati attualmente, in attesa del futuro Deposito geologico europeo?
In questo senso vanno le osservazioni del decreto legge n.30 del 12/10/2018, che ha richiesto a Sogin una “analisi con la strategia del brown field”, ossia della – possibilità di trasformare gli attuali depositi nucleari in depositi di sé stessi in alternativa alla realizzazione del Deposito Nazionale.
Ma la Sogin resta animata dai forti sentimenti ambientalisti, ardendo dal desiderio di rendere green field le sedi della vecchie centrali atomiche italiane, liberandole totalmente dai vecchi impianti nucleari e dai relativi rifiuti, ma trascurando lo stesso sentimento ad esempio per il più gettonato dei siti possibili, quello di Montalto di Castro, e gli appelli, giustificati stando a quanto sopra, di quanti, come il Comune di Trino Vercellese, già sede di una centrale atomica, vorrebbero accogliere il Deposito Nazionale.
Il Comune di Montalto di Castro , che ha già dovuto subire una centrale nucleare mai attivata e una centrale policombustibile fra le più inquinanti d’Italia, ora in ulteriore trasformazione in una potente centrale a tecnologia turbogas, che accoglie una serie impressionante di impianti fotovoltaici, non ha invece diritto ad una politica di green field, che la liberi una volta per tutte dai problemi legati all’energia dopo 50 anni di convivenza. Questo Comune deve ulteriormente essere sottoposto a politiche di aggressione dell territorio e dell’ambiente foriere soltanto di problemi ambientali ed economici, destinati a procurare ulteriori rischi alla salute e all’ ecosistema e a minare la economia, basta su agricoltura di qualità e turismo.
L’attuazione del Programma Nazionale della Sogin è ora ad un primo importante step: è stata realizzata e pubblicata la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) e ci si appresta ad indicare in via definitiva il sito in cui sarà realizzato il Deposito Nazionale. Gli interrogativi sono molti, anzi troppi, e in primis riguardano la metodologia attuata dalla Sogin per la realizzazione ed attuazione del Programma Nazionale.
Occorre augurarsi che dalla prevista Consultazione Pubblica e dal Seminario che ne conseguirà, saranno ascoltate le ragioni dei Comuni che fino ad oggi si sono dichiarati contrari alle indicazioni della CNAPI, e si possa addivenire a soluzioni corrette ma soprattutto condivise.