I temi connessi alla ecologia e all'ambiente caratterizzeranno, o meglio dovrebbero caratterizzare, le iniziative politiche dei prossimi anni. L'Europa si è chiaramente espressa in questo senso e in questa direzione vanno le indicazioni della UE riguardo all'impiego di oltre il 30% della enorme massa di miliardi di euro messi a disposizione dell'Italia.
Il Parlamento italiano a guida Draghi ha inaugurato il nuovo Ministero della Transizione Ecologica che dovrebbe indirizzare e gestire le complesse tematiche di natura ambientale già presenti sul territorio italiano e predisporre le migliori strategie di settore per la conversione ecologica in ambiente industriale e produttivo.
Si tratta di una sfida epocale, in cui la capacità di trovare il giusto equilibrio fra efficienza produttiva e rispetto ambientale richiederà le massime competenze tecniche e politiche.
Non ci sono dubbi sulla ricchezza di competenze tecniche disponibili grazie al livello culturale accademico e scientifico di cui è ricca l'Italia, mentre ci sono dubbi sulla politica.
Assistiamo in questi mesi, ancora una volta, al fallimento della politica e alla necessità di governi di natura "tecnica" allestiti per fronteggiare l'ennesima delle emergenze nazionali, di fronte alle quali la politica tradizionale si dimostra incapace.
Si tratta di una crisi che dipende dalla qualità dei politici ma soprattutto dalla debolezza dei partiti.
Da sempre la politica italiana è stata basata sui partiti, organizzazioni complesse ,anche piene di difetti, ma storicamente capaci anche di formazione politica e gestionale.
La comparsa sulla scena dei movimenti, nati dal disagio e dalla insoddisfazione, e il loro successo, anche se temporaneo, hanno sancito un periodo di forte crisi dei valori della politica intesa come organizzazione di partiti identitari di determinati ideali e concezioni sociali. Si tratta di una crisi profonda, lunga, che ha fornito anche la possibilità a personaggi intraprendenti o se vogliamo spregiudicati di prendere il sopravvento e inchiodare i partiti politici, timidi nella loro composizione antropologica, alla loro mancanza di visione e di programmazione.
Le stesse istituzioni di governo, almeno quelle più periferiche, soffrono di questa mancanza della politica dei partiti, ed anzi più ci si allontana da Palazzo Chigi e più si evidenzia la mancanza di un coordinamento politico utile a mettere ordine e rendere maggiormente efficienti le iniziative amministrative.
Le liste per le elezioni comunali sempre più "civiche" e poco colorate di politica, le province sempre più messe in discussione vivono in un limbo di incertezza, nel quale anche i compiti istituzionali faticano ad essere efficacemente attuati. Regioni e governo resistono fino a che problemi di rilevante portata, mal gestiti o sottovalutati, rendono ineludibili le crisi di governo che sfociano nell'unica soluzione possibile, la nomina di un presidente del Consiglio non politico. A dimostrazione che la storia si ripete e che a volte è ancora necessario il ricorso al "dittatore", un uomo al di sopra delle parti che per un periodo limitato assumerà poteri che non gli derivano dal consenso popolare ma dal consenso della incapacità politica.
In questo clima di "transizione" ecologica e politica si innesta uno dei problemi di rilevanza ecologica fra i più rilevanti : la costruzione del Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi deputato ad accogliere tutte le scorie radioattive prodotte sul territorio nazionale.
La rilevanza tecnica dell'opera, l'impatto ambientale e socio-economico correlato, problemi di per sé già rilevanti, si associano ad una serie di coincidenze che peseranno significativamente sulle scelte connesse.
La congiuntura economica attuale ci rende fragili rispetto ad un'Europa prodiga di miliardi di euro ma ferma nelle sue aspettative circa il rispetto sollecito delle sue direttive,tra cui quelle in materia di gestione dei rifiuti radioattivi, ed inoltre la presenza di un governo "tecnico" esautorato dal consenso popolare, rischiano di incanalare il problema del Deposito Nazionale verso scelte "autoritarie".
La Sogin, deputata alla gestione del problema delle scorie radioattive, spera o finge di sperare che qualche comune si faccia avanti per accogliere il Deposito Nazionale , ma subdolamente mette le mani avanti e indica improvvidamente il Lazio, e di conseguenza la Provincia di Viterbo, quale sede privilegiata in quanto "baricentrico". Fatto di per sé fin da ora potenzialmente dannoso sia per l'immagine che per l'economia della Tuscia: basta poco per immaginare i dubbi di qualche imprenditore nazionale o locale che avesse in mente di investire in questo territorio.
Ancora più offuscato è lo scenario dei prossimi mesi, in cui si deciderà concretamente la sede definitiva del Deposito Nazionale e dell'annesso Parco Tecnologico.
Siamo in attesa del verdetto della Consultazione Pubblica e del Seminario Nazionale: da qui dovrebbe nascere la decisione giusta e magari anche condivisa. Ma sulla equità della decisione finale è lecito nutrire qualche dubbio.
Da quanto si può evincere dalle anticipazioni che compaiono sulla stampa e sui media le posizioni di coloro, enti, associazioni o privati, che hanno inviato entro il 5 luglio le osservazioni sono unanimemente critiche e contrarie alle scelte della Sogin circa la individuazione della Aree Potenzialmente Idonee. Per ovviare alla facile battuta della sindrome di NIMBY si può con chiarezza affermare che la contrapposizione trova fondate ragioni nella strampalata metodologia attuata dalla Sogin, che facilmente arma le mani di chi si vuole opporre.
Infatti la opposizione non riguarda soltanto le scelte specifiche su questo o quel territorio, ma si concentra anche e con ragione su tematiche di ordine generale, che valgono per tutti i siti ritenuti idonei a livello nazionale.
Basta un esempio: come può passare l'idea che si realizzi un Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, in una unica sede, deputato ad accogliere tutte le tipologie di scorie radioattive e cioè sia quelle a bassa attività che quelle ad alta attività, attenendosi a linee guida che sono state ideate per la realizzazione e gestione di depositi per rifiuti esclusivamente a bassa attività.
A fronte di questa come di altre innumerevoli carenze metodologiche non si può non essere contrari alla realizzazione di un deposito nucleare non sicuro e destinato a permanere tale per generazioni, posto che lo smaltimento dei rifiuti ad alta attività dovrà essere realizzato in siti geologici di profondità, la cui realizzazione avverrà forse fra 100 anni.
La politica, già assente di per sè dallo scenario che conta, non appare interessata al problema. In nuovo ministero della transizione ecologica risulta ancora assente dalla scena. La Sogin finora è l'unica impegnata a sostenere a spada tratta le sue scelte e continuerà a farlo anche nella sede "democratica" della Consultazione Pubblica e del Seminario Nazionale, dove gioca in casa: giudice e imputato al tempo stesso.
Speriamo a questo punto nella politica, magari in quella politica locale che nasce dal basso a partire dai Comuni. In questo panorama sarebbe interessante vedere un protagonista da sempre mancato: la Provincia, che finalmente avrebbe un ruolo chiaro e potrebbe farsi finalmente valere a fronte delle innumerevoli critiche di inefficienza se non di insussistenza che per poco non hanno decretato la sua estinzione.
E' un'occasione per dimostrare di esserci e di svolgere quel ruolo che i cittadini le hanno riconosciuto con le votazioni: è ora di ripagare la fiducia. La Provincia di Viterbo, con 22 comuni coinvolti nelle scelte della Sogin, dovrebbe innalzare il vessillo della tutela del suo territorio, farsi carico del coordinamento della iniziative dei singoli Comuni che disordinatamente e in modo sparpagliato si sono assunti il difficile incarico di difendere le proprie comunità.
E' auspicabile un intervento della politica, del Ministero della Transizione Ecologica, della Provincia utile a far comprendere ai cittadini che c'è vigilanza e attenzione su proposte di tale rilevanza e al fine di evitare tardive manifestazioni popolari, quando la consapevolezza di quanto sta per accadere si sarà radicata nelle coscienze.